APERICERCA – Il cinghiale come risorsa per il territorio

APERICERCA – Il cinghiale come risorsa per il territorio

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APERICERCA – Il cinghiale come risorsa per il territorio

Dall’antichità a oggi, tra simboli culturali, impatti ambientali e prospettive di gestione futura.

Con David Ranucci, medico veterinario e professore associato in Ispezione degli Alimenti di Origine Animale presso l’Università degli studi di Perugia, dove ha conseguito la specifica specializzazione nel 2008, Glenda Giampaoli, archeologa classica di formazione, ha successivamente approfondito l’ambito antropologico, specializzandosi presso la Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici di Perugia nel 2013.

Il cinghiale ha subito nel tempo un declino sfavorevole della sua immagine che lo ha reso oggetto di percezioni sia positive sia negative da parte della collettività. Da forte, audace e temerario, simbolo di forza spirituale a problema di difficile risoluzione e pericolo economico e sanitario.

Nell’antichità la caccia al cinghiale emerge come un tema tradizionale della letteratura greca e latina. Dal cinghiale calidonio, abbattuto in una battuta di caccia dalla leggiadra Atalanta, cacciatrice vergine amata da Meleagro, che le presentò la pelle e la testa dell’animale, fino al cinghiale di Erimanto catturato da Eracle nella sua quarta impresa, e all’elmo con le zanne di cinghiale portato da Odisseo e narrato da Omero nel decimo libro dell’Iliade, il cinghiale appare frequentemente in vari miti. Questo avviene perché il cinghiale suscitava ammirazione in svariate culture. Tra i romani, numerose famiglie lo avevano adottato come simbolo e la sua caccia era vista come una delle attività predilette dall’aristocrazia per il suo carattere rischioso e competitivo. Nella mitologia celtica, il nostro cinghiale è l’animale di maggiore prestigio poiché è il più audace e simboleggia la forza spirituale e l’energia creativa. La sua caccia era ritenuta rituale e nei Germani affrontare un cinghiale in un violento corpo a corpo simboleggiava un rito di passaggio necessario per diventare un guerriero adulto. Proprio per le sue peculiarità, lotta insieme all’orso per il titolo di re della foresta e rappresenta il simbolo della forza e del coraggio; infatti, Cesare nel De bello gallico evidenzia che il cinghiale rappresenta il coraggio assoluto, mentre Tacito, nella Germania, racconta che gli Estii, una popolazione situata presso il Mar Baltico, onorano la Madre degli Dei e come emblema del culto portano amuleti a forma di cinghiali che garantiscono protezione anche tra i nemici. Qualche secolo dopo, il cinghiale diventa il simbolo preferito dei popoli barbarici insieme al corvo e all’orso e appare a partire dal XIII secolo, quando si sviluppa l’araldica, come una delle prime immagini del blasone. La “bestia nera” menzionata in diversi trattati di caccia, oltre che negli stemmi, è presente come figura centrale nella raffigurazione di una città, ossia Amelia. All’interno del palazzo Boccarini del Quattrocento, al piano nobile, affrescato in periodo rinascimentale, è rappresentata una donna, simbolo della città di Amelia, che monta un cinghiale visto non come un pericolo ma come una risorsa per la città e un emblema di forza, coraggio e prosperità per la nobile famiglia Boccarini, presente in città sin dall’XI secolo.

Dal medio evo in poi il cinghiale è stato una fonte di cibo per la popolazione, in particolare nei territori marginali, e in seguito destinato alla caccia sia in riserve sia in eventi di caccia collettiva a forte impatto sociale, ancora oggi svolti nel periodo da ottobre a gennaio (caccia in braccata).

Dal 1960 a oggi la popolazione di cinghiali è enomemente cresciuta, con importanti impatti sociali ed economici: i danni alle coltivazioni agricole, gli incidenti stradali, la possibilità di trasmissione di malattie ad altri animali e all’uomo, la presenza a ridosso o dentro le città, gli impatti sulla biodiversità in alcune aree, i costi gestionali per la lotta ad alcune importanti malattie trsmissibili. Tra i fattori di questa crescita incontrollata i più recenti lavori scientifici riportano i cambiamenti climatici, l’imponente riforestazione delle aree agricole marginali abbandonate perché poco produttive, la riduzione dei predatori naturali (oggi in controtendenza), il ripopolamento per attività venatoria, l’ibridazione con altre specie (suino) con incremento di prolificità. Ma altri fenomeni potrebbero avere giocato un ruolo più o meno importante.

Risulta quindi sempre più cruciale operare una gestione mirata di questa specie che possa portare ad un equilibrio numerico della popolazione del cinghiale, auspicato anche per motici sanitari (diffusione di malattie zoonotiche ad ampio impatto economico e sociale come la peste suina africana) dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e dalla commissione europea stessa.

La scelta dei diversi sistemi di gestione della popolazione in sovrannumero passa da interventi a breve e lungo termine, compresi il controllo della popolazione attravero abbattimenti mirati o sterilizzazione chimica/biologica. La necessità di operazioni di riduzione della popolazione con abbattimento degli animali, porta a dover affrontare anche gli aspetti relativi al destino delle carni ottenute, che devono garantire la sicurezza per il consumatore e non possono essere vendute in modo non tracciabile a produttori e ristoratori. In questo caso si parla di ottenere una risorsa alimentare, anche a fini etici e sociali, che sia contestualizzata al territorio e che ne possa diventare una delle peculiarità se abbinata ad aspetti immateriali culturali.

Dal punto di vista sociale la gestione di tale specie deve comunque contemplare come la sensibilità verso una gestione legata all’abbattimento degli animali e al consumo di tali carni, possa essere cambiata nella popolazione, soprattutto in ambito urbano. Cosa pensano quindi le nuove generazioni a tal proposito? Potrebbero essere indotte (da mas media e cartoni animati) ad una valutazione naturalistica di salvaguardia “a prescindere”? E’ possibile conciliare le due visioni in un ottica di risorsa ambientale e culturale?

Apericerca è un’iniziativa promossa dall’Università degli Studi di Perugia in parternariato con l’Università per gli Stranieri di Perugia in collaborazione con Psiquadro e il patrocinio del Comune di Perugia.

Gli eventi di svolgeranno dal 4 settembre al 27 novembre. Tutti i dettagli sull’iniziativa su: www.apericerca.it

 

Data e ora

02/10/2025 h. 17:30 to
02/10/2025 h. 19:00
 

Location

 

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